Il disagio sociale, familiare, emotivo, sono al centro di questa ottima black comedy movimentata e imprevedibile, che sottolinea le diseguaglianze economiche e razziali e i conflitti esistenti nella nostra società. E’ Ostaggi, prodotta da Fenix, girata in Calabria, nella piazza centrale della cosentina Rende, opera prima di Eleonora Ivone, che ha scelto per il suo debutto dietro la macchina da presa l’omonima, fortunata pièce teatrale di Angelo Longoni, con il quale ha scritto la sceneggiatura del film, dal 15 maggio su Sky Prima Fila Premiere. Una scelta azzeccata, come il cast, formato da pochi ma buonissimi attori come Gianmarco Tognazzi, l’ impareggiabile Elena Cotta, Vanessa Incontrada, Francesco Pannofino, Jonis Bascir, Alessandro Haber e la stessa Ivone, perfetti nei loro ruoli, come l’emozionante colonna sonora di Niccolò Agliardi.
Dialoghi reali che calano emotivamente lo spettatore dentro la vicenda di un uomo comune che, inseguito dalla polizia dopo una rapina, entra in una panetteria e prende in ostaggio gli avventori. Marco (Tognazzi), rapinatore improvvisato, è un povero diavolo vessato dallo Stato, un uomo perbene, un piccolo imprenditore che, pressato dagli usurai, all’ennesima cartella esattoriale dà di matto. Il sistema senza vie d’uscita lo porta all’esasperazione. Ambra (Incontrada) è un’ex infermiera che ha voluto svoltare economicamente facendo la prostituta di lusso. Regina (Cotta) è una dignitosa pensionata cardiopatica dai guizzi rivoluzionari. Remo (Pannofino) è il proprietario della panetteria, pavido, aggressivo e razzista. Nabil (Bascir) è un immigrato clandestino siriano che sopravvive vendendo per strada calzini e fazzoletti.
Il frustrato commissario (Haber) e la negoziatrice Anna (Ivone), in netto contrasto tra loro, devono sbloccare la situazione. Lui, che vuole risolvere la faccenda con la forza, è l’anima intransigente e ottusa che punta ciecamente solo all’ordine e alla repressione. Lei, la psicologa/negoziatrice che disprezza la violenza e che vorrebbe risolvere la “crisi” con le armi della mediazione, è l’anima più umana dello Stato, quella che i cittadini sono meno abituati a vedere.
Nel negozio gli ostaggi e il carceriere offrono di sé stessi momenti grotteschi ma anche tragici e dolorosi, caratterizzati da forte tensione, paura, generosità, solidarietà, opportunismo, disprezzo, disperazione. Questo mix umano si ritrova intrappolato in una situazione tragicomica, dove il gioco si fa sempre più imprevedibile.