Il calcio per sottolineare in chiave leggera il dramma dei rifugiati. Francesco Castellani l’ha scelto per raccontare l’attualità nel suo film Blackstar – nati sotto una stella nera, che il 10 ottobre vede finalmente la luce a un anno dalla presentazione al Festival del Film di Roma. Una bella commedia agrodolce, intelligente, emozionante, che purtroppo si fa spazio a fatica nel panorama affollato da un certo cinema italiano ben sostenuto, ma privo di qualità. Persino il maestro Ennio Morricone, vedendone il primo montaggio, gli ha regalato un brano per la colonna sonora, composta anche dai brani dei Bufalo Kill e dai frammenti per viola di Lucia Ronchetti.
Un piccolo gioiello, che dovrebbero vedere tutti, soprattutto i ragazzi, per capire cos’è la dignità. Genialmente affidato ad attori poco noti al grande pubblico ma perfetti nei loro ruoli, tra cui Luca Di Prospero, Alessandro Procoli, Gabriele Geri, Vincenzo Zampa, Paolo Giovannucci, Pierpaolo De Mejo, Alfredo Angelici, Tony Fornari, Martin Chishimba, con un gustoso cameo di Emanuele Salce, nei panni del fetente imprenditore e Marco Marzocca come voce narrante. Una sceneggiatura perfettamente calibrata, che non scade mai nel patetico o nel luogo comune, riconsegnando il cinema alla sua vera missione: dare emozioni.
Teatro della storia il vero campo sportivo della Liberi Nantess Football club, la squadra di calcio di rifugiati cui si ispira il film, nata e cresciuta nel popoloso, periferico quartiere romano di Pietralata. Intorno al polveroso e degradato campetto si accende una feroce lotta tra poveri: gli abitanti si riuniscono in un bellicoso e razzista comitato di quartiere, per strapparlo agli immigrati che tentano di formare una vera squadra. Costruiranno barricate per imprigionare gli “usurpatori”, senza acqua né cibo per costringerli a sloggiare, vittime ignare essi stessi di un “palazzinaro” senza scrupoli che traffica nell’ombra.
“Non volevo realizzare un film sulla migrazione – spiega il regista -, ma raccontare una storia di relazioni umane in bilico tra commedia e tensione. Il fenomeno della migrazione entra di riflesso nella vicenda, come catalizzatore di tensioni tra persone calate in una realtà quotidiana nella quale l’incertezza e la precarietà del vivere accomunano migranti e non migranti, ugualmente privi di identità e stabilità”. L’idea gli è venuta durante una partita della Liberi Nantes contro una squadra di ragazzi romani. “In campo appariva uno striscione con scritto Free to play, liberi di giocare – ricorda Castellani -. L’aspirazione a uno spazio che è anche di vita e di espressione. Un bisogno comune a tutti, che vale per un rifugiato, per un clandestino, per un qualunque ragazzo italiano. Tutti cerchiamo la nostra strada, il nostro destino e una dimensione di vita da vivere liberamente. E tutti allo stesso modo sentiamo questa possibile libertà minacciata dalla precarietà e dalla paura”. La squadra, nata sulla scia dei Mondiali Antirazzismi, spiegano gli allenatori volontari, è come una famiglia, “aiutiamo i nuovi arrivati a integrarsi, a imparare la lingua, il calcio ha come linguaggio l’amore, la fratellanza”. “Giochiamo in terza categoria, fuori classifica, abbiamo anche vinto la Coppa invisibili – spiega il presidente Daniela Conte-. Quattro anni fa è arrivato il campo, dato in concessione dalla Regione Lazio, cerchiamo aiuti per renderlo più accogliente. Il film è un modo per far conoscere questa realtà, lo sport è un modo per socializzare”.
Il film è anche una scoperta dell’Altro, i personaggi che nel corso della vicenda si confrontano e si scontrano fanno da specchio alle pulsioni e alle paure a cui spinge il disagio di vivere il nostro tempo. “Ma sono anche il riflesso dei sentimenti e degli slanci istintivi che – sottolinea Castellani -possono darci la forza di cambiare una situazione. Conosco questi ragazzi da anni, ti insegnano cos’è la dignità. Il film nel suo piccolo dice che noi le persone le aspettiamo. Se un solo eroe del mare viene salvato da questo film, valeva la pena farlo”.