Se fino a qualche anno fa il cinema targato Israele s’identificava nell’opera di Amos Gitai, negli ultimi tempi nuovi nomi iniziano ad acquistare credibilità sulla scia del grande maestro: è questo il caso di Shlomi e Ronit Elkabetz, rispettivamente fratello e sorella, autori del film rivelazione Ve Lakachta Lecha Isha (Prendere moglie). La religione come sopraffazione, controllo della libertà individuale e la condizione della donna all’interno della comunità ebrea-marocchina di Haifa sono gli argomenti portanti di questo film, in cui una storia familiare riflette una condizione sociale più estesa, connotata da un dogmatismo religioso imposto contro ogni possibilità di scelta. Un’imposizione esercitata col silenzio, con uno sguardo duro, cieco ad ogni possibilità di dialogo, di comunicazione con l’altro; una posizione che guadagna forza dalla propria capacità autocontrollo contro la ribellione, il delirio della parte sopraffatta. In questi termini, i due protagonisti del film conducono la loro vita famigliare: lui, marito e padre fermo nella rigidità della propria fede e indifferente alle diverse esigenze della sua famiglia, di sua moglie, dei suoi figli; lei, moglie e madre poco ortodossa, sente di essere prima di tutto donna, e rivendica la propria femminilità, al prezzo di un’immagine scalfita. Vittime di questo dissidio tra le parti sono i figli, i cui volti incupiti sono quelli di una generazione arrabbiata e intristita dal conflitto. Ve Lakachta Lecha Isha recupera il linguaggio e le tematiche centrali del cinema di Gitai e le sviluppa secondo una tecnica registica che riconduce a Cassavetes, ai suoi continui e prolungati primipiani, ma che si rivela grandiosa nella capacità di raccontare le vicende negli interni di uno spazio domestico, dilatandone i confini e dinamizzando al massimo l’azione senza trasmettere alcun senso di claustrofobia, preservando dunque la struttura teatrale dell’impianto. Regista ma anche attrice principale è Ronit Elkabetz la punta di diamante di questo film: la sua è un’interpretazione straordinaria, intensa, coinvolgente sino alla completa identificazione. Protagonista di Alila e di Matrimonio tardivo, la Elkabetz aveva già dato prova di talento, ricoprendo ruoli di forte sensualità, ma adesso lo spettro di emozioni che riesce a trasmettere è più ampio – dall’affettuosità di una madre alla rabbia di una donna trascurata, offesa nell’intimo femminilità – e il suo dominio scenico è totale. Concedendo anche momenti di apprezzabile ironia, Ve Lakachta Lecha Isha si rivela un film riuscito e dimostra come il cinema d’Israele non sia più solo Gitai.
Anna Rita Simeone