Due anni e mezzo di preparazione, cinque mesi di riprese tra Italia, Francia, il mare tempestoso di Malta per l’ennesimo, stavolta stupefacente, adattamento del capolavoro di Alexandre Dumas Il Conte di Montecristo, una delle più grandi storie di vendetta mai raccontate, in onda su RaiUno da lunedì 13 gennaio in quattro puntate prodotte da Palomar, Rai Fiction, France Télévision. Un romanzo complesso e articolato, in tutta la sua epicità, affidato all’ottima penna di Sandro Petraglia e alla collaudata regia del premio Oscar Bille August che mette in campo uno stile visivo fortemente spettacolare.
Un cast straordinario, che ha saputo arricchire il viaggio del protagonista, recitando in inglese e poi doppiandosi. Edmond Dantès è interpretato dall’ottimo, affascinante Sam Claflin, nel suo percorso di vendetta nei confronti degli uomini che gli hanno rubato vent’anni di vita e il suo unico vero amore. Ana Girardot è l’amata Mercedes, cugina dell’ambizioso, traditore Fernand (Harry Taurasi) perdutamente innamorato di lei e Nicolas Maupas è il loro figlio; Jeremy Irons è l’Abate Faria; Mikkel Boe Følsgaard è l’ambizioso procuratore che fa imprigionare Dantès; Blake Ritson è Danglars, il mancato capitano di vascello che lo tradirà e l’avida sua moglie è Gabriella Pession. Michele Riondino è il braccio destro del conte di Montecristo e Lino Guanciale il brigante che diventerà il suo più leale amico.
Non è stato semplice sviluppare e concentrare in otto episodi tutta la complessità della storia e i suoi 92 personaggi, racconta il regista presentando la serie nella prestigiosa sede romana dell’Ambasciata di Francia a piazza Farnese, dove sono state anche girate alcune scene determinanti. «La vendetta è il progetto di Dantès e gli intrecci delle relazioni tra i personaggi rendono la storia attuale» spiega August. Una sfida complessa, mentale e fisica per Claflin. «Mi sono preparato a lungo, il regista e il cast mi hanno molto sostenuto – spiega l’attore in collegamento da Londra -. Ho imparato a guardare la vita in modo diverso, ad amare il saper lottare per ciò che credi giusto pur capendo che la vendetta è una cosa sbagliata. Non sono vendicativo ma ammiro la determinazione di Dantès». La scene fisicamente più dure, ricorda, sono state quelle nella tempesta per trovare la giusta calma senza andare mai sopra le righe. «Il copione è stato la mia Bibbia, scritto talmente bene che è stato difficile non commuovermi» confida.
Riondino ricorda il clima magico creatosi sul set tra colleghi stranieri. «Lavorare in costume permette di nascondersi dietro una maschera – confessa -, ho imparato molto da questa per me nuova modalità di lavoro». «Interpreto un criminale apparentemente malevolo ma leale con Dantès, molto simpatico, ho toccato corde brillanti inusuali per me» spiega Guanciale. «Per dare credibilità al mio personaggio – racconta Pession -, ho tradito un po’ l’opera letteraria che la rende una donna colta e avida per darne un’immagine sofferta, con un logorio che la porta alla pazzia. Il regista mi ha lasciata libera di esprimere la mia creatività». «Io sono il ponte per far entrare Dantès nella Parigi bene e mettere a segno la sua vendetta – spiega Maupas -, non mi rendo conto di quanto marcio ho intorno». La vendetta, sostengono in coro, ti consuma dentro, non è la soluzione migliore. «È un piatto che va servito freddo, è più efficace» sottolinea ironico l’ambasciatore di Francia a Roma, Martin Briens, soddisfatto dell’ottimo prodotto nato da questa cooperazione europea.