Non solamente un omaggio alle vittime del nazismo. Il film La farfalla impazzita in onda in prima serata mercoledì 29 gennaio su RaiUno, rappresenta un importante contributo alla memoria storica e alla riflessione sulla violenza e sul dolore causati dalla guerra. Alimentare la memoria, perché non si ripeta mai più l’orrore della Shoah. «Il film riesce a trasmettere con forza l’urgenza di non dimenticare le atrocità del passato e di lottare anche oggi per la giustizia e la verità», sottolinea il regista Kiko Rosati.
Elena Sofia Ricci è Giulia Spizzichino, autrice con Roberto Riccardi del libro autobiografico dal quale è tratto l’omonimo film. Ebrea romana, fu segnata dalle deportazioni e dalla strage delle Fosse Ardeatine, in cui vennero uccisi ben ventisei dei suoi familiari. In tutta la sua vita, che si è conclusa il 13 dicembre del 2016 a 90 anni, è stata proprio come quella farfalla che sbatte incessantemente le ali, senza riuscire a trovare pace.
All’epoca della retata al Ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, Giulia che aveva solo diciassette anni, fu testimone degli arresti del nonno, degli zii e dei cugini. Quando finalmente la guerra finì, fu impossibile per lei dimenticare e vivere una giovinezza spensierata. Cinquant’anni dopo, quando l’esecutore materiale della strage delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke, viene ritrovato in Argentina e potrebbe essere processato, Giulia decide di partecipare al risveglio dell’opinione pubblica per chiedere la sua estradizione dall’Argentina e poi di testimoniare al processo proprio di fronte a lui, riaprendo quelle antiche ferite. Solo così Giulia pur non potendo dimenticare, riuscirà almeno a sentirsi più libera.
«Continuiamo a perpetrare gli orrori del passato, il giorno della memoria dovrebbe durare tutto l’anno – afferma Ricci -. Certi uomini dagli ego ipertrofici che guidano la politica ci sono ancora, bisogna continuare a lottare per ripristinare ogni verità». «Questa storia trae la sua potenza anche dall’accostamento della vicenda di Giulia a quella di tante altre vittime, di ogni tempo e ogni luogo, non solo quelle ebree della Seconda Guerra Mondiale – sottolinea il regista, presentando il film a Roma con i protagonisti -. Le vittime sono vittime e i carnefici sono carnefici, ovunque e sempre».