Il libro di Antonio Scurati diventa una serie tv in 8 episodi prodotta da Sky Studios e Apartment, in onda a partire dal 10 gennaio su Sky e Now
Raccontare il Fascismo come nessuna tv ha mai fatto prima. Ci hanno pensato Sky Studios e Apartment di Lorenzo Mieli che, in un periodo di governo di destra, contrattaccano con M – Il figlio del Secolo, un avvincente dramma storico contemporaneo in otto episodi, scritto da Stefano Bises e Davide Serino, in onda dal 10 gennaio in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now.
Il regista Joe Wright ha sfruttato con maestria il carisma magnetico di Luca Marinelli per mostrare un Mussolini disturbante e totalizzante che, guardando lo spettatore dritto negli occhi, ripropone senza filtri, sconti o compromessi. Uno dei capitoli più oscuri della nostra epoca, sottolineato dalla suggestiva colonna sonora di Tom Rowlands. A completare l’ottimo cast, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Paolo Pierobon, Lorenzo Zurzolo e Gaetano Bruno.
Tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega, sulla nascita del Fascismo in Italia e l’ascesa al potere di Benito Mussolini, la serie racconta gli accadimenti che portarono il Duce a impossessarsi dell’Italia e a fondare la dittatura, in modo storicamente accurato, ampiamente documentato e testimoniato da più fonti. Come il romanzo, la serie racconterà la storia di un Paese che si è arreso alla dittatura e la storia di un uomo che è stato capace di rinascere molte volte dalle sue ceneri. Ripercorrerà la Storia dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino al famigerato discorso di Mussolini in Parlamento nel 1925, dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Offrirà, inoltre, uno spaccato del privato di Mussolini e delle sue relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele, con l’amante Margherita Sarfatti e con altre figure iconiche dell’epoca.
Le dichiarazioni dei protagonisti
«Il fatto di essere inglese mi ha aiutato a mantenere la giusta distanza – spiega il regista Joe Wright, presentando la serie a Roma -. La sfida era trovare il tono giusto per non raccontare M come un pagliaccio, sedurre il pubblico come fece lui con tanti capi di Stato».
«Per avvicinarmi al personaggio dovevo sentirmi più pesante – spiega l’attore protagonista Luca Marinelli, per il film visibilmente ingrassato -. Sul fronte intellettuale ho dovuto sospendere il giudizio per i sette mesi delle riprese e questo per me, antifascista, è stato devastante, ma artisticamente necessario. Mussolini imboccò una via criminale che portò il Paese alla distruzione, abbiamo toccato la parte più oscura di noi stessi. Matteotti fu la punta di un iceberg di sangue da lui creato. Va ricordato di più. È la nostra storia, mai umanizzare i mostri, da commedia a tragedia il passo è breve, mai sottovalutare».
Anche Francesco Russo, che interpreta il fedele amico e consigliere del Duce, Cesare Rossi, commenta: «Fu una relazione tossica, metafora di un intero paese che si lasciò sedurre».
Il film mette in primo piano la figura di Margherita Sarfatti, musa e amante, sedotta, tradita e abbandonata. «La sua complessa vita è poco conosciuta – racconta Barbara Chichiarelli che la interpreta -, nel ’45 scrisse un libro, non ancora tradotto in Italia, che trasuda il dolore emotivo e intellettuale per non essere riuscita a contenere la deriva di Mussolini».
«Per me romagnola, la difficoltà più grande è stata liberarmi dal pregiudizio per interpretare la moglie Rachele – spiega Benedetta Cimatti -. Ho provato rabbia e poi pena per la sua dipendenza emotiva dal marito che ha amato tantissimo mantenendo la sua autenticità».
«Per creare una certa simpatia nel pubblico – raccontano gli sceneggiatori – abbiamo creato all’inizio un italiano perdente, vile, bugiardo, meschino, alla Alberto Sordi. Poi, quando mette i suoi vizi capitali al servizio di una realtà feroce ti fa sentire male. Era nostra responsabilità restituire un racconto sulle derive del populismo». «Dovevo suscitare empatia per poi far mancare il terreno sotto i piedi e far riflettere – aggiunge il regista -. M è una metafora del male che alberga in tutti noi».